Haiti

Haiti

Scuola di Enam
Scuola di Enam
Port Au Prince
Port au Prince
Balletto del Teatro Nazionale
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l terribile terremoto del 2010, che ha devastato buona parte dell’isola, ha colpito la popolazione e le sue abitazioni creando uno stato di emergenza permanente.Solo grazie agli aiuti internazionali si è riusciti ad intervenire per lavorare alla ricostruzione di varie parti di Port au Prince, in molti casi completamente rase al suolo.
Le fotografie raccontano lo stato di Port au Prince fra aprile e maggio 2014.
Il centro scolastico Enam gestito dai Salesiani, che era stato quasi completamente raso al suolo dal terremoto causando la morte di oltre 200 studenti, oggi è ritornato a funzionare ospitando scuole primarie, secondarie e scuole professionali per meccanici, falegnami, muratori, ebanisti, carrozzieri e molti altri, mestieri utili alla società civile in ricostruzione.
Gli edifici grazie al contributi di ONG italiane sono stati ricostruiti a testimoniare che la vita continua e la scuola pure. I Salesiani in quella parte dell’isola compiono dei miracoli ogni giorno.
Vicino al Centro Enam si trova l’agglomerato di baracche di Citè Solei, uno dei posti più pericolosi non solo di Haiti.
Il livello di indigenza in quest’area è assoluto, eppure la vita continua, in modo ostinato, come un malato che con la sua forza di volontà riesce a sconfiggere la malattia.
Girando per Port Au Prince, a parte qualche quartiere per stranieri e benestanti locali, ci si imbatte in una miseria che non si riesce a compatire, ma che al contrario sembra esprimere una sua precisa identità nell’affermare che, malgrado tutto, si va avanti.
Nasce così il mio incontro con i danzatori del Teatro Nazionale di Haiti dopo aver cercato altre espressioni di sopravvivenza nelle strade. E quale cosa più bella di averla trovata in un’espressione artistica come la danza! Il teatro è stato raso al suolo dal terremoto ed i ballerini, senza sede dal 2010, da quasi un anno sono ritornati ad avere un nuovo palcoscenico. Sono tornati ad avere piccoli e medi ingaggi. Sono ritornati a poter credere di vivere con il proprio lavoro.
E poi il wudu, un incontro difficile. Chi lo pratica, infatti, non ha molto interesse a condividerlo con i non addetti. Malgrado ciò, il sacerdote capo della congregazione Sosyete Pat Kwe Sa ci ha concesso una breve visita per introdurci alla scoperta di questo mondo. Nascono così questa fotografie, lontane dall’idea di spettacolarizzare il disagio, bensì rivolte a cercare una linea dove speranza e ricostruzione si incontrino.
A tratti era come se le persone che stavo fotografando stessero recitando per me, su una sorta di palcoscenico che, a guardarci bene è quello della vita di tutti i giorni.